di Matteo Rigamonti

L’8 marzo non è solo una celebrazione, ma un’occasione per riflettere su quanta strada sia stata fatta e
quanta ancora ne resti da percorrere. Nel corso della storia, donne coraggiose hanno messo in discussione convenzioni radicate. Maria di Francia, poetessa del XII secolo, è stata una di loro.
Poetessa e intellettuale, ha osato affrontare il tema della libertà sentimentale e del linguaggio, cercando di scardinare le ipocrisie del suo tempo.
In un’epoca in cui l’amore era regolato da norme rigide e punitive, Maria ha osato sostenere che dovesse
essere libero, proprio come l’amicizia. “Non ci sono limiti per intrattenere amicizie” scriveva, sottolineando
come invece l’amore fosse soggetto a regole, punizioni e ingerenze sociali. Non esistono leggi per punire la fine di un’amicizia, ma le separazioni sentimentali, invece, vengono regolamentate, criticate, punite. La
società si è mai chiesta perché?
Maria di Francia aveva già capito tutto nel XII secolo. Se la libertà è un valore, deve valere in ogni ambito,
senza eccezioni. Ma ancora oggi esistono stigmi, pregiudizi, etichette per le donne che scelgono liberamente chi amare, come se fosse ancora necessario regolamentare le loro vite, controllare le loro scelte, limitarne la libertà di essere padrone di sé stesse. E non basta: il linguaggio stesso è una gabbia. Maria, con il suo lavoro, cercava di liberarlo dalle espressioni ingiuriose rivolte alle donne, di eliminare parole create solo per condannarle.
Torniamo alle parole di Maria di Francia. Come evidenzia Chiara Mercuri nel suo libro “La nascita del
femminismo medievale”, Maria di Francia voleva giuridicamente equiparare l’amore all’amicizia:
“Non ci sono limiti per intrattenere amicizie: né di età né di genere né di orientamento sessuale. L’amicizia
non è punita, dileggiata o repressa come accade invece ogni giorno all’amore. Il diritto non la contempla, e il prete non se ne occupa. Non sono previste sanzioni per punire la rottura di un vincolo amicale, mentre ci sono infiniti modi per castigare le separazioni sentimentali. Non ci sono espressioni ingiuriose per diffamare o biasimare gli amici. L’amico che ha più di un’amica non è un ‘bastardo’ e l’amica che ha molti amici non è una ‘puttana’. Non esiste un commercio degli amici, mentre ce ne sono molti degli uomini e delle donne che si prostituiscono. Non esiste un mercato delle amiche e degli amici, mentre ce ne sono molti delle spose e degli sposi.”
Questa riflessione mostra come già nel XII secolo vi fosse una chiara consapevolezza dell’ingiustizia con cui la società regolamentava e condannava le scelte sentimentali delle donne.
La discriminazione che Maria di Francia denunciava nelle relazioni sentimentali è solo un riflesso di un
fenomeno più ampio: il controllo sociale sulle donne, che si estende ben oltre l’amore. Ancora oggi, esistono standard diversi per uomini e donne in molti ambiti della società. Lo vediamo anche in politica: si dice spesso che le donne debbano essere ‘in gamba’ per entrare nella gestione della cosa pubblica. Ma perché, invece, davanti a candidati uomini mediocri non pretendiamo lo stesso criterio? Forse, dal momento che la politica non può essere fatta solo da eccellenze, la soluzione sta proprio nell’eterogeneità. In una società che tende a uniformare uomini e donne, è inevitabile che certe sensibilità e prospettive si concentrino all’interno dello stesso gruppo. Una classe politica più bilanciata, che rappresenti tutte le visioni, può evitare che le stesse carenze si ripetano, arricchendo il dibattito e colmando quei limiti che emergono quando la rappresentanza ètroppo omogenea.
Come Maria di Francia e tutte le femministe della storia, non bisogna avere paura di dire le cose come
stanno. L’8 marzo non è una semplice celebrazione, ma un’occasione per riflettere realmente sulla
condizione della donna oggi, evitando le banalità e i roboanti bouquet di mimose. Celebrare questa giornata significa riconoscere i passi avanti, ma anche prendere coscienza di ciò che ancora deve cambiare.
Per chi volesse approfondire il pensiero di Maria di Francia e capire quanto fosse rivoluzionaria già nel XII
secolo, consiglio la sopracitata lettura di “La nascita del femminismo medievale” di Chiara Mercuri. Una
storia che parla del passato, ma che, purtroppo, suona ancora troppo attuale.