Il drago Tarantasio e il lago Gerundo tra mito e realtà

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di Valentina Besana

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Nel cuore della bassa pianura lombarda, tra i fiumi Adda e Serio, un tempo si estendeva un vasto specchio d’acqua paludosa noto come lago Gerundo. Non si trattava di un lago alpino cristallino, ma di un’area umida, instabile e difficile da gestire, nata dai frequenti straripamenti dei corsi d’acqua che si intrecciavano in questa parte della Lombardia. Questa zona paludosa, che copriva un’estensione variabile ma molto ampia, rappresentava un ecosistema ricco ma anche un territorio insidioso per le popolazioni che lo abitavano.

La complessa gestione delle acque, le frequenti alluvioni e il terreno fangoso caratterizzavano il Gerundo come un’area naturale difficile, fonte di pericoli e malattie. L’assenza di una rete di controllo delle acque portava spesso a ristagni e paludi, da cui si sprigionavano miasmi, i “soffi maligni” che secondo la medicina e la cultura popolare dell’epoca erano causa di pestilenze e malattie.

Ed è proprio in questo contesto che nasce la leggenda del drago Tarantasio, una creatura mostruosa che avrebbe infestato il lago e le terre circostanti, diventando simbolo della paura e del pericolo insito in quell’ambiente. La figura di Tarantasio, descritta come un gigantesco drago velenoso, con ali immense e una forza distruttrice, rappresenta metaforicamente i rischi delle acque non domate e degli spazi selvaggi, che il popolo aveva bisogno di “incarnare” in un mostro per poterlo raccontare, comprendere e infine superare.

Se in Scozia, il celebre Nessie ha alimentato per decenni la fantasia di appassionati di mostri lacustri e turisti, il nostro Tarantasio è la versione lombarda di questa antica tradizione di creature leggendarie legate a specchi d’acqua misteriosi e spesso pericolosi. Entrambi incarnano la paura dell’ignoto e la forza dei miti che raccontano l’interazione tra uomo e natura.

Secondo la tradizione, il drago terrorizzava la popolazione locale, divorava bestiame e uomini, e diffondeva malattie. La sua presenza era vista come una maledizione, e solo un eroe poteva porre fine al suo dominio. In alcune versioni della leggenda, l’eroe è San Cristoforo, il santo patrono dei viandanti e protettore contro i pericoli; in altre, l’eroe è addirittura un antenato della nobile famiglia dei Visconti, la casata che avrebbe governato Milano nei secoli successivi.

La vittoria sul drago, oltre a rappresentare la sconfitta del male e della paura, avrebbe dato origine a un potente simbolo araldico: il celebre Biscione visconteo.

Il Biscione è un’immagine araldica raffigurante un grande serpente o drago che ingoia o partorisce un uomo, ed è uno degli emblemi più noti e antichi di Milano e della Lombardia. Nato come stemma della famiglia Visconti nel XIII secolo, il Biscione ha molteplici interpretazioni simboliche.

Secondo la leggenda collegata a Tarantasio, il Biscione rappresenta proprio il drago sconfitto o la vittoria sull’essere mostruoso che minacciava le terre lombarde. Il gesto di ingoiare l’uomo simboleggia il potere supremo, la dominazione del serpente sul nemico, ma in alcune versioni il serpente che “partorisce” l’uomo simboleggia la rinascita, la rigenerazione e il rinnovamento. In ogni caso, è un’immagine di forza e controllo che ha attraversato i secoli e che ha assunto una valenza di orgoglio identitario per Milano.

Oggi il Biscione è usato anche da importanti aziende e istituzioni locali, come simbolo che richiama la storia millenaria e la cultura della Lombardia.

Il lago Gerundo, pur essendo scomparso da secoli, è ben documentato da fonti storiche e documenti medievali. Dal XII secolo in poi, grazie a grandi opere di bonifica idraulica, il territorio fu progressivamente asciugato. Furono realizzate reti di canali, rogge e chiuse che permisero di deviare e regolare le acque, trasformando l’area in fertili terreni agricoli. Questi lavori furono spesso coordinati da ordini religiosi come i cistercensi, esperti in ingegneria idraulica e agraria. La trasformazione del lago Gerundo da palude pericolosa a terra coltivabile segnò una svolta fondamentale nello sviluppo economico e sociale della Lombardia.

Tuttavia, la memoria del lago e della sua leggenda è rimasta viva nella cultura popolare, nel folclore locale e nei nomi di molti toponimi che ancora oggi richiamano quell’antico specchio d’acqua. Il mito del drago Tarantasio, con le sue varie interpretazioni, continua a ispirare racconti, arte, eventi culturali e studi storici.

Luoghi da visitare sulle tracce del drago Tarantasio e del lago che non c’è più 

Taranta (Cassano d’Adda, MI)
Questa frazione prende il nome dal drago Tarantasio. Presso la Cascina Taranta, edificata nel 1539, si trova un affresco che raffigura la scena della sconfitta del drago, testimonianza diretta della leggenda locale.

Parco dell’Adda Sud (LO)
Questa area protetta conserva ambienti umidi simili a quelli dell’antico lago Gerundo. La Riserva Naturale il Mortone, in particolare, rappresenta un esempio delle paludi che caratterizzavano la regione prima delle bonifiche medievali.

Riserva Naturale Adda Sud e Parco del Serio
Camminare lungo i fiumi Adda e Serio, tra Lodi, Crema e Treviglio, è un modo suggestivo per esplorare le zone un tempo occupate dal lago. Tra canali, rogge e campi coltivati si percepisce ancora la memoria acquatica di questa terra.

Lodi Vecchio e le testimonianze viscontee
Nelle vicinanze di Lodi Vecchio e nel Lodigiano si trovano castelli, abbazie e cascine storiche con riferimenti araldici al Biscione visconteo, simbolo nato – secondo la leggenda – proprio dalla sconfitta di Tarantasio.

Lodi – Isolotto Achilli
Secondo la tradizione, la “tomba” del drago si troverebbe sull’isolotto Achilli, visibile alla destra del ponte sull’Adda a Lodi, luogo carico di suggestione e mistero.

Almenno San Salvatore (BG) – Chiesa di San Giorgio in Lemine
Questa chiesa conserva un affresco del XIV secolo che raffigura San Giorgio nell’atto di uccidere un drago, e una presunta costola del drago lunga 260 cm, collegando la leggenda a rappresentazioni artistiche.

Crema (CR) – Isola Fulcheria
Anticamente, al centro del lago Gerundo si trovava una lunga e stretta striscia di terra chiamata Isola Fulcheria, che iniziava presso Caravaggio, raggiungeva Crema e proseguiva sin oltre Castelleone. Oggi, la zona è caratterizzata da un paesaggio agricolo che conserva tracce della sua storia.

I libri di Fabio Conti
Per approfondire la storia, consiglio i volumi di Fabio Conti:

  • Tarantasio. Il drago del lago Gerundo
  • Gerundo. Storia dell’antico lago fra Adda e Serio
    Entrambi pubblicati dalla casa editrice Meravigli.
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