Dallo scriba al LLM: il potente, l’idea e la macchina

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di Matteo Rigamonti

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C’è sempre stato, fin dai tempi dei Faraoni, qualcuno che non sapeva scrivere ma sapeva comandare. E accanto a lui, immancabile, c’era uno scriba chino su papiri e sigilli, intento a trasformare un’idea regale in un editto, un disegno di piramide o un complicatissimo modulo per la dichiarazione dei datteri.

Perché a ben vedere, la storia non è fatta solo di re, imperatori e presidenti, ma di eserciti silenziosi di scribi, giuristi, ingegneri, geometri del potere: quelli che prendono la visione del governatore e la rendono calcolo, norma, progetto. Quelli che colmano l’abisso tra l’“avete capito cosa intendo?” e l’“ecco, l’abbiamo scritto così”.

Oggi si parla tanto di Intelligenza Artificiale Generativa, di Large Language Model, di testi che si scrivono da soli e di consigli che saltano fuori premendo invio. Ma in fondo, l’LLM altro non è che il nostro scriba 4.0: non si stanca mai, non ha calli sul polso, non sciopera – e per ora non trama contro il Faraone (anche se a volte dà risposte un po’ eretiche).

Oggi chiunque, dal barista al consulente finanziario, può avere uno scriba personale: basta collegarsi, digitare e aspettare. Ma quanti hanno in testa un’idea abbastanza chiara da far fruttare questa macchina di parole?

Il parallelo storico ci insegna anche un’altra cosa: dietro lo scriba c’era sempre un’intera infrastruttura di tecnici. Non si scolpiva un obelisco con due scarabocchi, servivano matematici, muratori, contabili dei salari e sacerdoti pronti a giurare che non sarebbe crollato tutto prima dell’incoronazione.

Allo stesso modo oggi l’IA non vive di sola poesia generativa: c’è un impero di chip, GPU, server farm. Dal 2021 abbiamo imparato tutti a pronunciare “Nvidia” come se fosse la Dea Madre dell’Intelligenza Artificiale: azioni alle stelle, miliardi di transistor e un mondo assetato di potenza di calcolo.

Ma sotto la sabbia delle start-up spunta già un nuovo contendente: Axelera, fondata da un ingegnere italiano, sta sviluppando hardware specifico per far correre questi scribi digitali più veloci di uno scriba egizio in piena stagione di tasse sul grano. Se Nvidia è ormai un vero e proprio impero che domina la potenza di calcolo globale, Axelera somiglia a un piccolo regno arroccato su una montagna, deciso a difendere la propria idea: chip dedicati, bassi consumi, calcolo localizzato.

E qui, come allora, torna la domanda: chi avrà l’idea? Chi saprà governare tutto questo potere di calcolo? Chi metterà in fila scribi, ingegneri e muratori digitali per costruire qualcosa che non sia solo un tempio al dio dell’inutile?

Un’ultima, piccola, verità storica: anche gli scribi sbagliavano. C’era quello umano che si presentava la mattina con la tunica stropicciata dopo una sbornia di birra e datteri fermentati, lasciando papiri con errori grossolani che poi bisognava raschiare via col coltello. E c’è lo scriba digitale, che si ubriaca pure lui: ogni mattina, dalle 7:00 ora locale della East Coast statunitense, quando milioni di governatori improvvisati si svegliano e pretendono di interrogare contemporaneamente il loro servitore di parole.

Risultato? Frasi mezze sconnesse, risposte allucinate, allucinazioni di fonti inesistenti. Proprio come un vecchio scriba umano con la testa pesante, ma a scala globale.

La storia gira, ma non cambia troppo: serve ancora qualcuno che sappia dove andare. Se l’IA è lo scriba, l’hardware è la squadra di ingegneri, la differenza la fa sempre l’umano che sa chiedere le cose giuste.

Ben venga l’LLM che stende relazioni, articoli, lettere d’amore standard. Ma servono menti capaci di farlo diventare leva di progresso, non solo generatore di carta da pacchi digitale. In fondo, tutti oggi possono avere uno scriba. Ma non tutti meritano di sentirsi Faraone.

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