CONSIGLI DI CINEMA. “DUSE”, lo spirito della ‘Divina’ e di un’epoca, secondo Pietro Marcello.

Visite: 216
0 0
Pubblicità
Condividi con
Tempo di lettura:2 Minuti

Un gioco di specchi. L’Italia ferita e dolente del primo dopoguerra che deve riprendere a vivere e un’attrice anziana, malata, che deve tornare a lavorare dopo un dissesto finanziario. Non un’attrice qualunque ma la più grande, lei, la Duse. Un paio di sillabe che evocano un mito mondiale del teatro italiano a cavallo fra ‘800 e ‘900.
Il regista Pietro Marcello, con grande efficacia, utilizza immagini di repertorio per tracciare il solco entro il quale seminare i momenti più importanti degli ultimi anni di vita dell’attrice. Così le sequenze del treno che porta a Roma la bara del Milite Ignoto fra ali di folla commossa si alternano a quelle che mostrano Eleonora Duse nel suo quotidiano, nei complicati rapporti con la figlia, nel suo bisogno di “vivere” il teatro, la recitazione come ossigeno per continuare a respirare. Una creatura unica, libera, determinata, fragile, sofferente.
«Non volevamo raccontare chi fosse, ma restituirne l’anima» ha dichiarato il regista, e lo spirito della “divina” rivive nei tratti di Valeria Bruni Tedeschi che dà prova di talento nel calarsi in un personaggio non facile, da lei interpretato a modo suo, con sorrisi e lacrime, con lo sguardo fermo di chi sa cosa vuole e quello dolce di chi ancora si illude che l’arte possa vincere su tutto, sulla malattia, sui giochi di potere, sulla violenza del fascismo nascente. Per strada le squadracce impongono il loro nuovo ordine, i volti smarriti dei soldati al fronte presto sostituiti da quelli duri e sprezzanti degli arditi e dei funzionari di partito. 
Quale ruolo può svolgere l’arte in un simile contesto, come si può esprimere l’artista in tempi di violenza? Queste le domande di fondo del film, dove anche un mito come Duse viene messo a tacere approfittando del suo stato di bisogno, insieme a tutte le altre voci scomode che il regime non gradisce. «Mi interessava raccontare un momento storico, ovvero la dissoluzione di un’epoca, gli ultimi anni della Duse dopo la fine della Grande guerra – afferma il regista –  e l’ascesa del fascismo, che è un po’ lo specchio riflesso di quello che viviamo oggi, il momento delle non-speranze”.
Un film che sa mescolare realtà, sogno, finzione, immaginazione. Mentre l’interpretazione che Valeria Bruni Tedeschi dà al personaggio è degna di nota, così come riconosciuto dalla critica, la sua voce incerta e sussurrata la si può accettare solo sforzandoci di tener conto che stiamo parlando di una Duse malata. Difficile invece apprezzare la corpulenta figura di Fausto Russo Alesi per il personaggio minuto e scattante che era Gabriele D’Annunzio, l’impegno nel restituirne lo spirito con la recitazione qui non funziona.
Al netto di questi due piccoli nei e di qualche primo piano di troppo, Duse offre un’interessante angolazione dalla quale osservare un mondo in cambiamento. Un’opera che si completa grazie alla bella fotografia, alla cura nella ricostruzione di ambienti e costumi e a una colonna sonora che sa valorizzare al meglio le immagini sullo schermo.

Pubblicità
0 0 votes
Article Rating
Condividi con

Ti potrebbero interessare

Subscribe
Notificami
0 Commenti
Oldest
Newest Most Voted
Inline Feedbacks
View all comments