CONSIGLI DI CINEMA. “SOTTO LE NUVOLE”,  quando Napoli non è quella delle cartoline.

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di Maria Antonella Pratali

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Dopo “Sacro Gra”, vincitore del Leone d’Oro alla Mostra Internazionale d’arte cinematografica di Venezia del 2013, e “Fuocoammare”, vincitore dell’Orso d’Oro al Festival Internazionale del cinema di Berlino, arriva nelle sale il nuovo film documentario di Gianfranco Rosi, “Sotto le nuvole”, vincitore del Premio Speciale della Giuria all’82^ Mostra di Venezia.
La scelta del bianco e nero, in contrasto con i “mille culure” di Pino Daniele, scolpisce meglio i dettagli di una Napoli evocata, più che semplicemente descritta, in una serie di quadri che per buona parte del film appaiono scollegati tra loro.
Il regista non narra, non ci sono voci fuori campo, lo spettatore è chiamato a svolgere un ruolo attivo e a trovare una chiave di lettura che, più ci si avvicina alla fine del film, più rende possibile trovare il fil rouge che tiene insieme il tutto.
Sotto le nuvole, il Vesuvio, che molte ne produce, e Napoli. Non quella oleografica, piuttosto la città lontana dal turismo, le case che si intravedono dai finestrini della circumvesuviana, le scosse e i fumi dei Campi Flegrei, le voci di persone in difficoltà al telefono con i Vigili del Fuoco. Esseri umani che cercano rassicurazione, aiuto, o forse semplicemente una voce amica.
Sotto la città, un labirinto di scavi archeologici e di cunicoli, spesso realizzati dai tombaroli per depredare parti importanti del nostro patrimonio collettivo. 
Sotto le nuvole, Pompei e i calchi in gesso di esseri viventi immortalati nel loro ultimo gesto.
Sotto le nuvole, il porto e i suoi traffici. Navi siriane che trasportano grano. Sotto il ponte delle navi, nelle stive, lavoratori siriani che si muovono come topi tra tonnellate di grano ucraino che deve essere scaricato. Esseri umani che sperano di ritornare a casa dopo tanti mesi, se la sorte li risparmierà dalle bombe russe.
Sotto le nuvole, una città ferita, segni di abbandono urbano, figure che, per dirla con lo stesso Rosi, incarnano esempi di resistenza civile, che contribuiscono a rendere Napoli una città viva; “Napule è a voce de’ criature […] e tu sai ca’ nun si sulo” (Pino Daniele, “Napule è”).
Il film, frutto di anni di osservazioni, non fa parte di un cinema che consola; invita, piuttosto, all’osservazione e alla riflessione: cosa resta delle nostre città, dei nostri gesti quotidiani, quando la storia ci scorre sopra come lava?

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