ASMARA E OLTRE : istruzioni per sorprendersi. (8/23)

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di Maria Antonella Pratali

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Ottava puntata.
(10 maggio – Quarto giorno – Di nuovo ad Asmara) 

La giornata inizia come una passeggiata tra vecchie fotografie ingiallite, ma in formato 3D: ci aggiriamo tra la Fiat Tagliero, quel capolavoro futurista dell’Ing. Giuseppe Pettazzi, che sembra un aeroplano pronto a decollare, e altri splendidi esempi di architettura italiana tra Liberty, Déco, Futurismo, anni Trenta; l’atmosfera che ne deriva è così surreale che sembra di essere in un set cinematografico in cui il tempo si è fermato. 
Dal Cinema Impero (1937), capolavoro Art Déco firmato da Mario Messina, alla Grande Moschea, esempio di architettura razionalista con influenze neoclassiche, progettata da G. Ferrazza (1938), passando per il vecchio Teatro di Asmara (realizzato nel 1920 da Odoardo Cavagnari), la capitale è un museo a cielo aperto. Non stupisce che l’UNESCO abbia deciso di mettere la sua firma.
Nel tardo pomeriggio ci concediamo un aperitivo al bar dell’Hotel Expo, dove facciamo un incontro inatteso: Daniel Wedi Korbaria, l’autore di “Mother Eritrea”, il romanzo che avevo appena terminato. Qualche domanda e scopro che parte della narrazione, che si svolge negli anni del Derg (nelle ultime puntate di questo diario troverete cenni storici sull’Eritrea), è autobiografica: la narrativa come alibi per raccontare la Storia con la s maiuscola, filtrata attraverso le emozioni e le esperienze personali. 
Di lì a poco arrivano Anna R., funzionaria dell’Ambasciata Italiana, e Antonello, impiegato umbro di un’impresa edile italiana impegnata in Asmara. Le ambasciate ad Asmara sono situate in ville circondate da giardini rigogliosi e ben curati. Non vediamo telecamere di sicurezza (d’altra parte, mancando una rete internet, non avrebbero senso), ma ci viene consigliato di non scattare foto, come a suggerire che gli occhi che ci osservano non mancano. Molti funzionari governativi e stranieri soggiornano solitamente all’Hotel Palace, dotato di piscina aperta e scoperta, sauna, campi da tennis e, ovviamente, connessione internet su richiesta.
Poco dopo ci raggiunge anche Yonas, quarantenne italo-eritreo dai modi milanesi. Racconta di aver abbandonato il grigiore dell’hinterland per trasferirsi qui, con moglie e due figli: il piccolo alla materna cattolica, il grande a una scuola internazionale. Gli chiedo quale sia la sua fonte di reddito: “Lavoro nell’agenzia di viaggi di mio padre”, mi risponde, con il tono di chi ha trovato il modo di vivere il paradiso in un Paese che i media occidentali tendono a descrivere come un inferno. Penso a una recente intervista rilasciata dal Presidente Isaias Afwerki, in cui dice: “Come and see” (“venite e vedete”). 
La serata si chiude con una pizza, fragrante e vera come quelle di casa. Ci guardiamo e sorridiamo: a volte la felicità sta in una crosta dorata e in un bicchiere di birra fresca.

(Continua. Nella prossima puntata: verso sud, babbuini, Dbarwa, Mendeferà e l’Istituto scolastico San Giorgio)

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