CONSIGLI DI CINEMA: “IL NIBBIO”, a vent’anni dal sequestro di Giuliana Sgrena

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«Ricordi il sequestro di Giuliana Sgrena?» Il nome mi dice qualcosa, ma sono passati venti anni di notizie quotidiane, settemilatrecento giorni di informazioni martellanti e il caso Sgrena non riesce a riemergere dalla nebbia che offusca la memoria. «E Calipari lo ricordi?». No, Calipari non mi dice niente, non è neanche figura indistinta nella nebbia, Calipari non è.

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Guardando “Il Nibbio” allora ti rendi conto che è a questo che servono certi film, a riaccendere la luce su persone ed eventi che sarebbe bene non dimenticare ed è a questo che punta il regista Alessandro Tonda con questa sua ottima opera seconda.

Giuliana Sgrena, giornalista tutt’ora vivente, vent’anni fa si trovava a Baghdad come inviata del quotidiano “Il Manifesto” quando fu rapita da un commando sunnita al ritorno dalla visita a un campo profughi. La storia che vediamo svilupparsi sullo schermo lascia la sua figura in secondo piano per concentrarsi su quella di Nicola Calipari detto “il Nibbio”, alto dirigente del SISMI, artefice del suo rilascio.

La sceneggiatura si concentra sui 28 giorni che segnarono l’evolversi della complessa trattativa tratteggiando lo sviluppo degli eventi su tre piani: quello professionale che vede Calipari agire con  abilità per non mettere a rischio la vita della donna, quello della quotidianità dell’uomo nei rapporti con moglie e figli e quello della prigionia della giornalista, chiusa in una stanza, sola e impaurita.

Non è un film politico, perché non entra nel merito delle responsabilità e dei lati oscuri che accompagnarono il triste epilogo della storia. Non è solo una spy-story, perché pur usando con efficacia le tecniche delle pellicole di genere il regista ha scelto di dare ai personaggi profondità e  realistica umanità. È un film che si discosta dalla norma, che cattura l’attenzione dello spettatore con i suoi ritmi incalzanti per raccontare un uomo delle istituzioni che crede nel valore suo lavoro e che si sacrifica per una causa che ritiene giusta. 

Il film si regge su un ottimo cast di cui fanno parte Sonia Bergamasco nel ruolo di Giuliana Sgrena e Anna Ferzetti in quello della moglie, ma è soprattutto Claudio Santamaria a reggere la scena. Nell’intepretare la figura di Nicola Calipari dà il meglio di sé e riesce a trasmettere di volta in volta gli stati d’animo del protagonista, tenero in famiglia, determinato sul lavoro, sicuro dell’efficacia della diplomazia a scapito delle dimostrazioni di forza. 

La regia evita di fare di Calipari un santo o un supereroe e sceglie di restituire al pubblico la figura di quello che è stato, un funzionario che cerca di svolgere il proprio mestiere al meglio, per senso del dovere, per serietà.

“Il Nibbio” è uno di quei film che ti spinge a tornare subito a casa per verificare come sono andate veramente le cose, nello scoprire però quanto realistica è la storia vista sullo schermo ti rimane l’amaro in bocca per un finale che avresti voluto diverso, perché purtroppo il finale di questo film non è stato scritto così per esigenzie di copione, in questo caso il finale è figlio di una cronaca che avevamo finito con il dimenticare.

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