di Maria Antonella Pratali

Sesta puntata.
9 maggio: continua il viaggio: da Asmara verso la Valle dei sicomori (in direzione di Adi Key e Qohaito)
Proseguendo verso Qohaito, fuori città ci imbattiamo in un grande masso con un’incisione in italiano, ricordo di un passato coloniale che ancora lascia segni. Dall’altro lato della strada, un portale con colonne, della stessa epoca, si erge nel nulla assoluto; lo raggiungiamo, mentre alcuni giovani contadini ci invitano a lavorare con loro, come a dire: “dai, nullafacenti, venite a darci una mano, invece di bighellonare”. Ammassati da un lato, i resti di carri armati arrugginiti, a ricordare la guerra di liberazione, al termine della quale, nel 1993, si è insediato l’attuale governo, presieduto da Isaias Afwerki. (Nelle ultime puntate troverete qualche cenno sulla storia e l’attualità dell’Eritrea).
Non siamo soli sulla strada verso Qohaito: un pick-up bianco, anch’esso con autista, ospita due tedeschi e una donna eritrea. La mia mente costruisce una storia che si rivelerà dettata da pregiudizi: i due tedeschi sono marito e moglie, l’eritrea è stata la loro domestica in Germania per qualche anno e ora li ha invitati a visitare il suo Paese. Ma la realtà, come sempre, supera la fantasia: il tedesco è sposato con l’eritrea e, ormai in pensione, si è chiesto: “wozu soll ich in Deutschland bleiben?” (“perché dovrei restare in Germania?”); così ha venduto la casa vicino a Bonn e ha deciso di trasferirsi qui. Lui e la moglie hanno acquistato una bella dimora nel centro di Asmara, e ora accompagnano la sorella di lui in un tour attraverso l’Eritrea.
La lezione è servita: i pregiudizi sono comodi, ma sempre sbagliati.
Chiediamo a Daniel una piccola deviazione, vogliamo assolutamente vedere la valle dei sicomori. La strada diventa un sentiero accidentato, pieno di buche profonde, massi e tratti paludosi. Il Land Cruiser fa il suo dovere e risponde bene all’autista navigato. Il disagio è ripagato dall’incontro con buffi dromedari, asinelli che ci attraversano la strada, e infine i giganteschi sicomori, che si ergono come vecchi guardiani della terra. Scendiamo quasi correndo, per lasciarci abbracciare dalla loro ombra fresca e profumata, circondati dal concerto di miriadi di uccelli nascosti tra le foglie, mentre due asini ci danno il benvenuto, divorando pacifici i frutti caduti a terra. I rami più bassi sono un invito, ci sentiamo come bambini che si arrampicano sulle ginocchia del nonno. L’atmosfera è un abbraccio antico, un invito a fermarsi nel tempo. Ma Daniel, puntuale come un orologio svizzero, ci richiama alla realtà: la strada per Qohaito non è finita, anzi, è ancora lunghetta.
Attraversiamo villaggi, incrociamo biciclette, greggi, e persone di ogni età che attendono pazienti l’autobus o fanno autostop; pratica comune, segno di una solidarietà semplice e genuina. Quando viaggeremo da soli, con l’auto a noleggio, avremo occasione di dare numerosi passaggi: un anziano pastore che si lamenta del contingentamento dei capi di bestiame da parte del governo, perché l’acqua scarseggia; una signora che deve raggiungere la figlia in un altro villaggio e che, arrivata a destinazione, ci invita a casa sua per un tè; un prete ortodosso che ha appena celebrato un matrimonio e vuole tornare alla sua parrocchia, ad Asmara. Sono occasioni imperdibili per entrare in contatto con le persone e per conoscere un pezzettino della loro vita, così lontana dalla nostra. Eppure sentiamo la vicinanza di un’umanità che è in grado di trasmettere calore ed empatia semplicemente guardandoti negli occhi con un sorriso aperto.
(Continua. Nella prossima puntata: Adi Key, Qohaito, graffiti)