Federalismo e liberismo contro il parassitismo politico: a Gorgonzola un convegno fuori dagli schemi

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di Marco Gindari

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 E’ un intervento del 1992 di Gianfranco Miglio ad aprire il convegno dal titolo “Analisi del parassitismo politico italiano – Esiste uno spazio per liberismo e federalismo?”. Un filmato d’archivio che risuona oggi con forza intatta: il giurista comasco denunciava allora l’esistenza dei “parassiti dello Stato”, figli di un centralismo che, secondo i promotori dell’incontro, continua ancora oggi a soffocare ogni tentativo di autonomia e responsabilità.

A ribadire questa linea è stato Giuseppe Olivieri, presidente di Lombardia Civica – Alleanza per il Territorio e il Federalismo, che ha introdotto la serata ricordando l’attualità delle parole di Miglio, presentando i relatori e lasciando poi la conduzione a Massimo Iaretti, direttore del Giornalelombardoveneto.it .

Iaretti ha aperto il dibattito con una riflessione storica, rilevando come l’unificazione italiana sia stata più il frutto dell’estensione della corona sabauda che di un autentico processo costituente partecipato. Un passaggio, questo, che ha fornito il contesto ideale per l’intervento di Marco Bassani, professore di Storia delle dottrine politiche.

Bassani ha messo subito a fuoco il punto: «Dal 1989 al 1999 abbiamo vissuto un’illusione», ha affermato, riferendosi a quel decennio in cui sembrava potesse affermarsi una cultura federalista anche in Italia. Un’illusione svanita rapidamente, schiacciata da una struttura che definisce «la più statalista del mondo». Senza mezzi termini, ha denunciato lo squilibrio fiscale che grava sui cittadini del Nord: «Un lombardo sostiene uno sforzo fiscale undici volte superiore a un calabrese». E ha affondato ancora: «Dal comunismo si può uscire, dall’assistenzialismo no». A chiudere, un richiamo agli scritti di Miglio degli anni Sessanta: anche l’Impero romano, come l’Italia odierna, si è piegato sotto il peso dei parassiti.

Da questa denuncia si è sviluppato l’intervento di Alessandro Vitale, professore di Scienza politica, che ha ricordato con fierezza di essere stato allievo di Miglio, e ha ringraziato Bassani per la sua costante attività di divulgazione del pensiero federalista. Allargando lo sguardo a livello globale, Vitale ha sottolineato come il parassitismo politico sia un fenomeno ricorrente in tutte le società dove il potere centrale si appropria della ricchezza prodotta da altri territori, giustificando questa sottrazione con la retorica dell’“interesse generale”. Un sistema che, ha avvertito, non può reggere a lungo. La storia insegna: Impero romano e Unione Sovietica sono esempi diversi ma convergenti di società collassate per l’ingombro di uno Stato troppo pesante, troppo invadente, troppo parassitario.

In questo quadro si è inserito l’intervento conclusivo di Nicola Giorgio Sorrentino, esponente dei Liberisti Italiani, che ha spostato l’attenzione sul rapporto fra Stato ed economia. Anche lui ha evocato Miglio, per poi lanciare un allarme che va oltre l’attualità: quando l’elettorato smette di credere nella politica, il potere si sposta verso un controllo statale sempre più ampio, specie in ambito economico. È allora che nasce la tentazione totalitaria. Sorrentino ha criticato apertamente il luogo comune secondo cui “serva più Stato per risolvere i problemi”, affermando con decisione: «Non è possibile che lo Stato sia la soluzione, quando è esso stesso il problema». Un appello netto a recuperare fiducia nel liberismo, nell’iniziativa privata e in una pluralità istituzionale autentica.

A chiudere il convegno è stato di nuovo Massimo Iaretti (parlando, in questo caso, come presidente del Movimento Progetto Piemonte), che con una nota di concretezza ha dichiarato: «Questa serata non vuole essere una fotografia della situazione attuale, ma una partenza – o meglio, una ripartenza». Un invito a non fermarsi alla diagnosi, ma a costruire percorsi politici, culturali e civici capaci di superare davvero l’impasse del centralismo italiano.

La serata ha lasciato un’impressione chiara: il problema del nostro Paese non è contingente, ma strutturale. E l’originalità dell’incontro non è solo nei contenuti, ma nel profilo dei relatori: voci libere, fuori dagli schieramenti, che non si riconoscono né nella sinistra né nella destra tradizionale, ma che condividono una diagnosi comune e il desiderio di tracciare alternative reali, concrete e non ideologiche.

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