L’ora del coraggio e del dialogo per i riformisti italiani

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di Paolo Preti **

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Vincere, sì, ma per fare cosa? Sembra una domanda retorica, perché viviamo da anni in questo bipolarismo muscolare che fa prevalere le ragioni della contrapposizione a quelle dei problemi che affliggono il nostro Paese.

Mentre la politica italiana si avvita intorno al “dibattito del giorno”, scrutando e sezionando le mosse di Vannacci e i posizionamenti di Renzi, i diktat di Conte e il caro-spiagge, i problemi strutturali del nostro Paese – ben noti, dal debito pubblico elevato alla produttività stagnante – rischiano di aggravarsi, a fronte di questioni che non possono essere più rinviate:

Come affrontare la crisi della manifattura italiana, alimentata dall’aumento dei costi dell’energia e da un arretramento nell’investimento tecnologico? Si può iniziare a discutere di incentivazione all’innovazione tecnologica e di un riposizionamento del Green Deal?

Come si intende affrontare la crisi dei salari, più bassi della media europea e con un tasso di crescita lentissimo? Si può dire che non si risolvono i problemi con i “bonus”, tanto amati dai governi succedutisi negli ultimi anni, ma con un nuovo patto tra imprese e lavoratori che ponga al centro i temi della produttività, della conciliazione lavoro-famiglia, della capacità di investire sulla crescita professionale dei lavoratori?

In un’Europa attraversata da estremismi di ogni colore, capaci di veicolare il completo stravolgimento della realtà, possiamo dire che non è possibile tollerare cedimenti sul fronte del riconoscimento della Russia come aggressore e dell’Ucraina come vittima di questa aggressione? La difesa della libertà, della democrazia e dell’autodeterminazione dei popoli, non passa anche da una difesa senza tentennamenti del popolo ucraino in guerra?

E’ lecito sostenere con forza che la promozione dei diritti civili e dei diritti umani passa anche dal non mettere la testa sotto la sabbia di fronte alla situazione di degrado dovuta al sovraffollamento carcerario?

Dalla fine del Dopoguerra fino alla crisi dei primi anni Novanta, ci sono stati uomini e donne nella politica italiana che non sono mai stati maggioritari, ma che hanno avuto la grande capacità di incidere in modo sostanziale sulla crescita civile ed economica dell’Italia: sono i Socialdemocratici, i Socialisti Liberali, i Repubblicani, i Liberaldemocratici. Sono i riformisti, che hanno spesso compensato i numeri con il coraggio, e gli esempi nella storia potrebbero essere tanti. Ora siamo forse meno, ma il coraggio è sempre quello. Per questo è necessario ora più che mai che chi in questi lunghi anni ha custodito l’eredità di queste grandi culture politiche provi a dialogare, mettendo al centro di una piattaforma comune quei problemi dell’Italia di fronte ai quali non siamo mai arretrati.

** Segretario Nazionale PSDI

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