Correva l’anno 2017 quando, all’ospedale di Grasse, nel sud della Francia, Bruno Romeda (1929 – 2017) si
spegneva all’età di 87 anni, lasciando in eredità a Fondazione Brescia Musei un patrimonio materiale e
immateriale consistente in alcune centinaia di opere*, unitamente all’onere e all’onore di promuovere –
grazie a un fondo dedicato, noto oggi come Fondo Romeda – iniziative specificatamente legate all’arte e agli artisti contemporanei.
Ha il sapore di una chiusura ciclica – come quel cerchio che fu tra le forme predilette dall’artista quand’era
in vita – la mostra capsule BRUNO ROMEDA. Le geometrie della materia promossa da Fondazione Brescia
Musei col Comune di Sale Marasino, nelle sale della Biblioteca civica della località del Lago d’Iseo che diede i natali all’artista.
Con la curatela ed il coordinamento scientifico di Elena Di Raddo ed Elena Scuri, fino al 31 maggio 2025 il
progetto espositivo propone una selezione inedita di 21 opere realizzate tra gli anni Ottanta ed il 2016, oggi stabilmente integrate alle Collezioni Civiche bresciane, attraverso le quali è possibile cogliere in nuce, per la prima volta in Italia, i caposaldi della ricerca condotta in oltre cinquant’anni da uno degli esponenti più rappresentativi della scultura internazionale e che valsero a quest’ultimo l’epiteto di “scultore del vuoto”.
Tra questi, la codifica di un vocabolario visivo che ebbe nella geometria il proprio nucleo fondante,
l’indagine mai sopita sulla relazione tra opera e spazio – inteso nella duplice accezione di paesaggio
circostante o di assenza – ed il cambiamento di prospettiva che portò progressivamente a privare le opere
di materia, investendo quella rimasta della funzione di perimetro, specchio mancante, portale in grado di
definire e incorniciare lo spazio.
GEOMETRIA
Cerchio, quadrato e triangolo. Dietro ai tre elementi maggiormente ricorrenti nella produzione di Romeda, si cela il tema della creazione. Secondo l’interpretazione dello scrittore francese Pascal Bonafoux, il cerchio rappresenta il mondo, la fonte primordiale da cui tutto ha origine, la fecondità e la matrice universale. Il quadrato simboleggia l’intero creato, con i quattro angoli ad indicare i quattro punti cardinali e gli elementi fondamentali della natura: aria, acqua, terra e fuoco. Infine, il triangolo rappresenta la divinità, l’armonia e la proporzione alla base di ciò che è conosciuto.
OLTRE IL RIGORE. IL BRONZO E LA DIMENSIONE TEMPORALE
A tale minimalismo delle forme fanno da contrappunto gli esiti vibranti, densi e a tratti pittorici, con i quali la materia scultorea è plasmata. La superficie delle opere presenta infatti incidenti, asperità e fratture che Romeda opponeva alla sobria perfezione di quadrati, cerchi o triangoli.
Il rapporto esclusivo di Romeda con il bronzo è stato descritto come un legame atavico, inconsciamente
legato – secondo l’architetto Jean-Michel Wilmotte – alla storia stessa di Brescia, le cui prime tracce risalgono proprio all’età del bronzo, poi protagonista in tempi moderni della più alta tradizione della metallurgia italiana. Attraverso le patinature, che potevano richiedere un’elaborazione di mesi, è introdotta la dimensione cromatica propria della pittura, l’ossidazione del metallo – implicazione voluta da Romeda e accentuata anche dall’esposizione agli agenti atmosferici – visibile in opere di grande formato come Quadrato patinato, il grande Triangolo o Colonna piatta definisce la sfera temporale, mentre la magrezza delle linee ed il loro assemblaggio disegnano un arco ideale in grado di unire le silhouette stilizzate di Alberto Giacometti alle saldature di César.