Un cold case del passato: il delitto della Cattolica la prima cronaca di nera di Edoardo Raspelli

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di Massimo Iaretti

Edoardo Raspelli è noto a livello nazionale come giornalista, gastronomo e condttore televisivo ma quando iniziò partì giovanissimo dalla ‘nera’. E talvolta una parola di più al telefono mette in modo una vera e propria ‘macchina del tempo’. Sentendomi con Raspelli per preparare un evento, disse di avere iniziato giovanissimo a scrivere di cronaca nera assunto dall’allora direttore del Corriere della Sera e del Corriere di Informazione, Giovanni Spadolini. Ma quello che mi maggiormente mi colpì è che il suo primissimo caso era collegato, a un delitto che ricordavo benissimo per il clamore mediatico che all’epoca ebbe (anche se avevo soltanto undici anni) nella Milano di allora: l’omicidio di Simonetta Ferrero, trovata uccisa a coltellate in un bagno dell’Università Cattolica il 26 luglio del 1971. L’efferato delitto, però, venne consumato due giorni prima, sabato 24 quando venne vista per l’ultima volta. Si tratta di un cold case di cui il movente e la mano assassina sono tuttoggi sconosciuti. Simonetta nata il 2 aprile 1945 a Serravalle Scrivia era figlia di Francesco Ferrero, già mediano del Casale, e di Liliana Pretti e lo zio Mario era commerciante di vini con cantina a Ozzano. Dunque una famiglia che, pur vivendo a Milano (dove la ragazza si era laureata in Scienze politiche alla Cattolica nel 1969,  e lavorava alla Montedison) di origini casalesi e monferrine. Ricollegandomi ad un ricordo personale – avevo 11 anni quando il fatto accadde ma ebbe notevole risonanza per il luogo e l’efferatezza del gesto, è stata una conseguenza naturale chiedere ad Edoardo Raspelli di ricordare quel giorno: “Assunto da poco al Corriere di Informazione, alle 7 del mattino del 26 luglio, in giacca e cravatta, come si usava allora, e nonostante un caldo terribile, mi reco a fare un servizio con il fotografo Peppino Colombo perché era scoppiato il colera in Spagna e i turisti in partenza per quel paese andavano a vaccinarsi. Alle 7,20 circa squilla il telefono in auto e mi viene detto di andare subito alla Cattolica, largo Gemelli 1 perché c’era stato un omicidio. Era la povera Simonetta Ferrero che era stata uccisa nel bagno femminile al piano terra con 33 coltellate. Il mio fotografo riuscì, saltando una cancellata a fotografare il contorno in gesso con il quale la polizia scientifica aveva delimitato la posizione del cadavere della vittima sul luogo del delitto quando aveva effettuato i rilievi. E quella foto dei rilievi, naturalmente la vittima era stata già rimossa, venne pubblicata soltanto dal Corriere della Sera e dal Corriere di Informazione. Di quel caso ricordo anche la celebrazione del rito funebre nella chiesa di San Protaso in via Osoppo”. Il Raspelli cronista, prima di iniziare la famosa rubrica delle ‘faccine nere’ su indicazione del direttore Cesare Lanza (che censurava i peggiori ristoranti ed era temutissima dai ristoratori)  attraversò nella sua prima parte di carriera anche altri casi di ‘nera’ e di terrorismo. Gli anni Settanta furono, infatti, ‘gli anni di piombo’ – anche se qualcuno preferirebbe la dizione ‘anni di piombo e di tritolo’ per le numerose bombe stragiste – che tanti lutti provocarono. A questo proposito ricorda come ‘il 17 maggio del 1972 fui tra i primi ad arrivare sul posto dove era stato assassinato il commissario Luigi Calabresi’ altro delitto di cui si parlò molto in quel periodo. Ritornando a Simonetta Ferrero c’è anche un altro legame con il Monferrato: a scoprire il corpo della povera ragazza, ed essendo totalmente estraneo all’accaduto fu Mario Toso, originario di Mogliano Veneto, all’epoca studente alla Cattolica in Filosofia, all’epoca ospite dell’istituto salesiano ‘Luisa Provera’ di Mirabello Monferrato. Oggi è vescovo di Faenza – Modigliana ed autorevole filosofo. Il ricordo di questo terribile omicidio senza alcun movente apparente, le cui indagini non hanno mai portato da nessuna parte, si è andato via via affievolendo nel tempo, anche se il bisettimanale di Casale,  ‘Il Monferrato’ che dedicò quasi tutta la sua prima pagina nel numero del 31 luglio del 1971, ha talvolta riacceso la fiaccola della memoria. Come pure la trasmissione ‘Blu Notte’ condotta dallo scrittore e giallista Carlo Lucarelli che ha fatto rivivere l’episodio sulla Rai ma la speranza di vedere assicurato alla giustizia l’assassino o quanto meno di conoscere cosa sia effettivamente avvenuto quel lontano sabato 24 luglio di cinquantatre anni orsono è ormai sempre più ridotta al lumicino.

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