di Patrizia Monzeglio
Non è facile replicare la genialità, il secondo episodio di un film geniale come “Inside Out 2”
rappresenta per questo una bella sfida.
Qual era stata la chiave del successo del film d’animazione uscito nel lontano 2015? La
capacità di coinvolgere il pubblico e di divertire mostrando lo sviluppo delle emozioni in
una mente infantile. Riley, la protagonista, era una bambina che cresceva e con le prime
esperienze sperimentava sensazioni positive e negative. Seguendo le peripezie dei cinque
personaggi chiamati Gioia, Tristezza, Rabbia, Paura e Disgusto, lo spettatore finiva col
comprendere che anche le emozioni apparentemente inutili e dannose, quelle che non
vorremmo mai provare come la tristezza, hanno un loro scopo, permettono di superare le
difficoltà e i pericoli, di costruire la nostra personalità.
Seguendo il sistema di rappresentazione della mente umana proposto nel primo film,
“Inside Out 2” parla del difficile passaggio dall’infanzia alla pubertà, quando non si è più
bambini ma non si è ancora diventati altro e si provano nuovi stati d’animo vivendoli con
Ansia, Imbarazzo, Invidia e Noia.
Nel film, come nella vita, i genitori di Riley assistono impotenti a questa mutazione che
trasforma la loro bambina adorabile in un’adoloscente insofferente e silenziosa. La voglia
d’essere accettata nella squadra di hockey delle ragazze più grandi monopolizza la mente
della protagonista e Ansia, con la sua incontrollabile forza distruttiva, finisce col prendere il
sopravvento. Le situazioni vissute da Riley si riflettono in una lotta esasperata e allo
stesso tempo divertente fra i due gruppi di emozioni, quelle dell’infanzia e quelle nuove. La
genialità del film consiste nell’esser riusciti a trasformare tutto questo in immagini, con
trovate fantasiose che fanno sorridere.
“Inside Out2” si muove secondo uno schema che il pubblico già conosce e i bambini che a
suo tempo si erano immedesimati in Riley a distanza di quasi dieci anni possono ritrovarsi
ora nelle esperienze dell’adolescenza vissute dalla ragazzina.
Interessante e molto realistica è la scena della crisi di panico di Riley durante la partita,
deliziosamente tenero, nel comportamento e nella rappresentazione grafica, è il
personaggio di Imbarazzo, così come simpatica risulta la fugace apparizione di una
prematura Nostalgia che strappa la risata. Invidia e Noia, poco definite, avrebbero invece
meritato più attenzione.
Chi accusa la regia di eccessiva semplificazione nel rappresentare la complessità della
mente umana dimentica che “Inside Out 2” è in fondo uno spettacolo di intrattenimento e
non deve solo spiegare ma anche divertire. È un film d’animazione che si rivolge a un
pubblico di giovani e cerca di parlare il loro linguaggio e se a questo scopo finisce col
sacrificare qualcosa, pazienza, in fondo “basta che funzioni”, come direbbe il nostro amico
Woody Allen. E, a guardare le code al botteghino di questi giorni, sembra che anche
questo “Inside Out 2” stia funzionando piuttosto bene.