Milano, Sean White pronto a regalare alla Città una statua di Fabrizio De Andrè

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di Guido Michelone

Sean White è lo pseudonimo o nickname di Zhang Changxiao è scrittore, critico musicale,
mediatore culturale fra Italia e Cina, nonché promoter di eventi cosmopoliti. Il suo libro,
Creuza de Mao – che fin dal nome gioca sull’album in dialetto ligure di Fabrizio De André
Croce del Mare, inserendo però al posto de Mà il leader comunista – nasce dall’incontro con
l’Italia nel 2012: dedicato anche ad cantautori italiani, è il primo volume a far conoscere in
Cina la musica di folksinger genovese, che vale a Zhang il soprannome di “Marco Polo della
musica italiana”. Già professore presso la Shandong University of Arts, oggi Sean White è
presidente del Centro interscambio culturale Italia-Cina (ICCX); fondatore della China Week
di Milano; organizzatore del Mandorla Music Festival e del Chinese Film Festival; direttore
dell’agenzia di comunicazione Long Morning, grazie alla quale ha organizzato più di 200
eventi in Italia e Cina. L’amore verso le due patrie lo portano a gettare molti ponti fra Italia e
Cina, per i quali nel 2016 è stato insignito del Premio Internazionale Speciale Giovanni
Falcone e Paolo Borsellino, in quanto «esempio di impegno di altissimo profilo
professionale». A Pechino invece è il “Personaggio dell’anno di Jinan 2017”. In
quest’intervista inedita Sean racconta un po’ di sesso con il garbo tipico delle genti
dell’estremo oriente.
In tre parole chi è Zhang Changxiao (Sean White)?
Un pazzo, un appassionato e un sognatore.
Raccontami il primo ricordo che hai della musica?
Chiaramente risale alla mia infanzia, quando mia nonna ascoltava spesso a casa l’Opera di
Pechino e le canzoni della mala, raccontando la storia di un uomo che si pentiva in prigione.
Ricordo che c’era una canzone chiamata Denaro. Dopo averlo ascoltata, la ballavo e la
imitavo.
Quali sono gli input che ti hanno motivato a iniziare a lavorare nel mondo della musica?
Stavo studiando per la specializzazione presso la sede di Lecco del Politecnico di Milano,
ma non riuscivo a capire cosa diceva il professore perché somigliava troppo a Hitler e non
riuscivo a concentrarmi sullo studio. Un giorno saltai la lezione e andai a fare una passeggiata
sul lago di Como. All’improvviso ho sentito una voce magica che mi ha afferrato come un
incantesimo. Più tardi ho chiesto al proprietario del negozio di musica, e lui mi ha detto che si
chiamava Fabrizio de André! Da quel giorno mi è sembrato di capire che in futuro avrei fatto
solo ‘qualcosa di musicale’.
Qual è il tuo metodo di lavoro e di analisi quando scrivi un libro sui cantautori italiani
come Creuza de Mao?
Oltre comprendere la sua musica e i suoi testi, ho intervistato anche la famiglia e gli amici
di Fabrizio per capirlo dal punto di vista umano, ad esempio dialogando con molte persone
vicine a lui, come la moglie Dori Ghezzi, il figlio Cristiano De André, il collaboratore Mauro
Pagani, il collega genovese Francesco Baccini, eccetera, così come altri artisti. Attraverso i
dialoghi le interviste ho avuto una conoscenza assai più completa dei cosiddetti Cantautori
italiani.
Quali libri di storia della musica (scritti da altri autori) stimi di più?
Consiglierei a tutti i giapponese 野村良雄(のむら よしお)sull’estetica musicale,
purtroppo non ancora tradotto né in inglese né in italiano.

Chi sono i tuoi maestri nella storia della musica classica, folk e popolare? Dimmene però
solo tre!
Ennio Morricone, Fabrizio De André, Domenico Modugno.
Qual è per te il momento più bello della tua carriera da manager musicale?
In effetti, ce ne sono molti. Ad esempio, quando ho iniziato a studiare la musica italiana,
sognavo spesso di parlare con Fabrizio de André, che mi ha sempre incoraggiato a conoscere
meglio la musica italiana. Successivamente ho fatto un tour in Cina per cantanti italiani. C’era
uno spettacolo di Diodato e mancava meno di un’ora allo spettacolo. Quel giorno Pechino era
molto congestionata, quindi non potevamo prendere la macchina e abbiamo dovuto scegliere
le biciclette. Abbiamo guidato in bicicletta fino al luogo dello spettacolo, passando per molti
luoghi famosi di Pechino lungo il percorso. Sembrava che Pavarotti andasse in bicicletta a
Pechino nel 1986, con disinvoltura e libertà. Fortunatamente, finalmente siamo arrivati al
luogo in tempo e dunque con meritato successo.
Come definiresti l’arte della musica?
Le note sono sospese nell’aria, come la griglia del cielo, i testi sono solidi al suolo, la
griglia della terra, e le persone sono intrappolate tra cielo e terra. Le tre griglie sono
combinate in una, formando l’incarnazione sensuale della verità – la canzone – che è musica…
Quali sono le idee, i concetti o i sentimenti che associo al “linguaggio” musicale?
Il linguaggio della musica è magico. Anche se il mio italiano non è molto buono, riesco a
comprendere il fascino e l’essenza della musica italiana. È una connessione che trascende il
linguaggio e le emozioni.
Come vedi, in generale, il presente della musica in Cina? E in Italia (e in Europa)?
Di solito organizzo spettacoli di musica pop italiana in Cina. Voglio che i cinesi
comprendano meglio la musica italiana. E questo mi sembra già un grosso obiettivo.
In Cina c’è ancora la percezione che noi europei consideriamo sempre la musica pop
come una forma culturale o artistica e non come puro intrattenimento o spettacolo?
A rigor di termini, i cinesi non sanno molto della musica pop europea. La maggior parte
delle persone conosce solo Luciano Pavarotti (dunque l’opera lòirica). Ma vivo qui da più di
dieci anni e penso che la musica italiana debba essere promossa attraverso canali
commerciali. Dopotutto, anche gli artisti devono risolvere i propri problemi di sopravvivenza.
Quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Ho due piani. Una è quella di donare una statua di Fabrizio De André al Comune di
Milano, affinché più turisti possano conoscere questo cantante, così come ha influenzato e
cambiato la vita dei cinesi. L’altro è organizzare la partenza di Vasco Rossi in Cina, perché lui
è il vero rappresentante della musica italiana e deve farsi vedere dalla Cina e dal mondo.

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